Con il tempo di Avvento e Natale 2011 inizia la seconda tappa del terzo anno di missione popolare caratterizzata dal tema della benevolenza. Ecco l’approfondimento così come proposto dall’ufficio pastorale

1. L’ESTERIORITÀ DI DIO
È apparsa infatti la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini.
Ma quando apparvero la bontà (chrestotes) di Dio, salvatore nostro,
e il suo amore per gli uomini,
egli ci ha salvati. (cf. Tito 2,11; 3,4-5)

Come ogni Natale, anche quest’anno nella Messa della notte e dell’aurora, sentiremo proclamare questi testi tratti dalla lettera di san Paolo a Tito. Sono parole che rivelano il mistero della festa: nella venuta di Gesù Dio appare fra di noi con un volto pieno di benevolenza verso tutti. A Natale ci viene rivelato che la grazia, la bontà, l’amore con cui Dio vuole condurre a salvezza tutti gli uomini hanno i tratti della benevolenza.

L’origine della benevolenza è il cuore di Dio, ma il suo luogo, la sua dimora, è esterna a Lui. La benevolenza è un “sentimento” di Dio, è tipico del suo modo di sentire, è una nota propria della sua sensibilità, ma è nella natura della benevolenza di Dio il fatto di non rimanere chiusa presso di Lui. La sua destinazione è l’altro. La benevolenza è l’esteriorità di Dio, è il suo modo di guardare all’uomo, di rapportarsi a lui. È una ricchezza che viene dalla pienezza del cuore di Dio, ma che egli riversa fuori di sé.
Quando Dio si rivolge all’uomo, infatti, si pone sempre dalla parte del bene, è tipico del suo modo di agire quello di saper “prendere bene” ogni cosa. In Dio il bene, la bontà, la dolcezza sono così sovrabbondanti che Egli le riversa su di noi con una sollecitudine che non viene mai meno. Malgrado tutti i rifiuti, Dio rimane fedele alla sua volontà e al suo sguardo di bene nei nostri confronti. Si tratta di una benevolenza che non si pone limiti e perciò è in grado di abbracciare anche gli ingrati: “Egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi” (Lc 6,35).

2. ALL’INIZIO UN ABBRACCIO

La benevolenza di Dio, ricchezza di grazia che appare e chi si espone, bontà che non ha confini, totale e intramontabile vuole raggiungere tutti, anche coloro che spesso sono collocati ai confini della vita. A Natale, l’incomprensibile bontà di Dio, per farsi vicina e accessibile, si è fatta “piccola”, ha preso il volto di un Bambino, un volto da cui traspaiono una dolcezza e una tenerezza impensabili. In tal modo si scopre che la sequela di Gesù, che spesso comporta lotte e fatiche, inizia con l’abbraccio di un bambino.

Prendere tra le braccia un bambino e sollevarlo comporta certamente un peso, ma si tratta di un peso leggero e dolce. Dice Gesù nel vangelo secondo Matteo: “il mio giogo infatti è dolce (chrestòs) e il mio peso leggero” (Mt 11,30). Sono parole che solo a Natale diventano comprensibili. Seguire Gesù è possibile perché il volto di Gesù conserva la dolcezza dello sguardo di un bambino anche nelle ore faticose e oscure del dubbio e dell’incomprensione. Anche nel volto sfigurato di Gesù crocifisso continuerà a farsi visibile la sua benevolenza.

Abbracciare la via di Gesù è certamente un viaggio che comporta l’attraversamento di sentieri stretti e impervi, ma che conducono, anche se in modi imprevedibili, all’incontro con un volto dal quale non scomparirà mai uno sguardo pieno di benevolenza.

3. “SIATE BENEVOLI GLI UNI VERSO GLI ALTRI” (Ef 4,32)
La benevolenza – insieme all’amore, alla gioia, alla pace, alla magnanimità, alla bontà, alla fedeltà, alla mitezza e al dominio di sé – è un frutto dello Spirito Santo (cf. Gal 5,22). Sono doni impressi in noi nel sacramento del Battesimo-Cresima e da quell’ora appartiene al dolce compito del discepolo quello di rivestirsene ogni giorno fino a farli diventare il proprio stile di vita (cf. Col 3,12) .

Nel linguaggio corrente la benevolenza ha però assunto un senso troppo generico. È intesa come buona intenzione, come buona volontà. Non è certo questa la caratteristica della benevolenza che sgorga dal modo di sentire del Dio rivelatosi nei gesti e nelle parole di Gesù. La benevolenza comporta per sua natura che si abbiano occhi per ciò che è esteriore, che sono attenti e si prendono cura di ciò che sta oltre e fuori. La benevolenza desidera riversarsi fuori dell’io chiuso nel suo “piccolo mondo antico”. Consiste infatti nella aspirazione a guardare positivamente l’altro, a scovare e portare alla luce la risorsa di bene di cui l’altro è portatore. È uno sguardo di approvazione e accoglienza delle azioni e della vita dell’altro. È una disposizione accogliente, generosa e magnanima. La benevolenza non strilla, non precipita nel giudizio, piuttosto lo trattiene per nutrire l’attesa del rivelarsi della novità dell’altro. È un anticipare l’altro con un desiderio di amicizia che lo precede.

In tal modo la benevolenza opera una correzione a quello spasimo di ricerca di interiorità, tipico di certe forme di spiritualità troppo dipendenti dalla modernità e perciò troppo occupate nella cura dell’io e nell’analisi delle sue profondità.
Ma per giungere a questo atteggiamento che anticipa l’altro con uno sguardo buono, occorre che sia allontanata ogni smania di grandezza e che diventi cara a ciascuno la proprio piccola statura. Presupposto della benevolenza è quel modo di sentire “piccolo”, che è proprio dello stile cristiano, perché è il modo con cui Dio si avvicina all’uomo. La benevolenza si mette ogni giorni ai piedi di Gesù che fu mite e debole con i deboli, e così impara che il suo luogo proprio sta nel rapporto con il debole che è intorno a noi e con le debolezze che sono in noi.

La benevolenza apre i rapporti umani al futuro promesso, che è quello aperto dalla tenerezza misericordiosa e sanante del Padre. Coloro che sono senza benevolenza è come se chiudessero il cielo sulla loro testa e sul mondo. La benevolenza è un gesto che trova la propria ricompensa sulla terra, ma è un gesto che mantiene aperto il cielo e mantiene noi aperti a ciò che discende dal cielo.
Disporsi in una prospettiva così aperta sul lontano cielo è condizione essenziale per essere realmente vicini al fratello, per vivere la benevolenza nei suoi confronti.