Desidero dire un grazie sincero per la vostra presenza a questa festa del Sacro Cuore. È un appuntamento annuale in cui ci troviamo riuniti come presbiterio per lodare il Signore e per vivere la fraternità rinnovando quella comunione che il Signore ci dona come grazia. Insieme consegniamo al Signore il nostro desiderio di camminare come suoi discepoli e di spendere la nostra vita nell’amore ai fratelli. Insieme riconosciamo che Gesù Cristo, il Signore, è “il Pastore grande delle pecore” (Eb 13,20) che guida la sua Chiesa.
Suddivido la mia relazione in due punti. Nel primo punto desidero riprendere alcune indicazioni che Papa Francesco ha comunicato ai Vescovi italiani riuniti in Assemblea il 19 maggio scorso. Nel secondo punto mi soffermo su alcune indicazioni pastorali per poi annunciare alcune nomine.

1. Le attese di Papa Francesco
1.1. Fin dal giorno della sua elezione a Vescovo di Roma – il 13 marzo dello scorso anno – tutti noi abbiamo cercato di accogliere le sue parole, i suoi gesti, il suo stile, la sua spiritualità, in una parola l’insegnamento del nuovo Papa. Innanzi tutto per la freschezza – e soprattutto la grazia – della novità, anzi delle molte novità. E poi per l’immediatezza della comunicazione. Ma ancor più perché Francesco è il nuovo Vescovo di Roma, e dunque, come recita la Costituzione Lumen Gentium (n. 23), è il “successore di Pietro”, “il perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei vescovi sia della moltitudine dei fedeli”. Per questo abbiamo cercato anche di comprendere il suo approccio alle diverse questioni che riguardano la missione della Chiesa. Il suo insegnamento e il suo approccio sono indicazioni preziose che il Signore ci offre in questo nostro tempo: ci aiutano a pensare e anche a riformulare il nostro servizio al popolo del Signore.

1.2. Se da subito abbiamo prestato molta attenzione alle parole e ai gesti di Papa Francesco, dobbiamo riconoscere che egli ci ha fatto un dono grande: ha accolto ciò che abbiamo di più caro, e cioè i nostri giovani. È stata una grazia essere accolti e abbracciati da lui nella basilica di san Pietro, il 28 agosto scorso. Ma non ci siamo fermati lì, anzi abbiamo approfondito insieme alcuni aspetti del magistero di Papa Francesco. Nel mese di settembre ci siamo soffermati sulle periferie esistenziali. Poi è venuto mons. Semerano a parlarci della Evangelii gaudium, e anche con don Giuseppe Zanon ne abbiamo approfondito alcuni aspetti.
Ora aggiungiamo un’altra pagina, riflettendo su ciò che Francesco ha comunicato ai Vescovi e quindi alle nostre Chiese, ai pastori delle comunità parrocchiali e ai nostri fedeli laici. Anche qui, è opportuno notarlo, si tratta di una novità: è la prima volta che il Vescovo di Roma tiene la prolusione e introduce i lavori dell’Assemblea plenaria della Cei, venendo incontro, ha precisato, “a quanti si domandano quali siano le attese del vescovo di Roma sull’episcopato italiano”.
La riflessione del Papa ruota attorno all’essere pastori: pastori di una Chiesa che è comunità del Risorto, che è corpo del Signore, che è anticipo e promessa del Regno.
A partire dalla missione di pastori di una Chiesa pasquale, eucaristica e anticipatrice del Regno, il Papa propone una riflessione che intende “rivisitare il ministero, perché si conformi sempre più alla volontà di Colui che ci ha posto alla guida della sua Chiesa”. Mi limito a citare le tre domande che egli rivolge ai Vescovi e a sottolineare qualche suo spunto di risposta.

1.3. Il Papa pone ai vescovi in maniera diretta la domanda di fondo: “Chiediamoci, dunque: chi è per me Gesù Cristo? Come ha segnato la verità della mia storia? Che dice di Lui la mia vita?”.
La domanda può suonare retorica per i pastori, successori degli apostoli. Ma vale sempre anche per i Vescovi ciò che vale per tutti i discepoli di Cristo: possiamo rimanere fedeli alla vocazione-missione solo se veniamo custoditi nella fede dalla grazia di Cristo. “Senza questa custodia, senza la preghiera assidua”, riconosce il Papa, anche “il Pastore è esposto al pericolo di vergognarsi del Vangelo, finendo per stemperare lo scandalo della croce nella sapienza mondana”. Essere custoditi nella fede vuol dire riporre tutta la propria fiducia “nello Spirito del Signore” anche riguardo al ministero. Altrimenti si finisce fatalmente per “toccare con mano soltanto la sterilità delle nostre parole e delle nostre iniziative”. E si diventa facili vittime delle tentazioni che – afferma Papa Francesco – “sono ‘legione’ nella vita del Pastore”: dalla “tiepidezza che scade nella mediocrità” alla “ricerca di un quieto vivere che schiva rinunce e sacrificio”; dalla tentazione della “fretta pastorale” alla “presunzione di chi si illude di poter far conto solamente sulle proprie forze, sull’abbondanza di risorse e strutture, sulle strategie organizzative che sa mettere in campo”.
Si è pastori solo se si è discepoli di Gesù: “Fratelli, se ci allontaniamo da Gesù Cristo, se l’incontro con Lui perde la sua freschezza, finiamo per toccare con mano soltanto la sterilità delle nostre parole e delle nostre iniziative. Perché i piani pastorali servono, ma la nostra fiducia è riposta altrove: nello Spirito del Signore, che – nella misura della nostra docilità – ci spalanca continuamente gli orizzonti della missione” (…). Non stanchiamoci, dunque, di cercare il Signore – di lasciarci cercare da Lui –, di curare nel silenzio e nell’ascolto orante la nostra relazione con Lui. Teniamo fisso lo sguardo su di Lui, centro del tempo e della storia; facciamo spazio alla sua presenza in noi”.

1.4. La seconda domanda riguarda la Chiesa. “Proviamo, ancora, a domandarci: che immagine ho della Chiesa, della mia comunità ecclesiale? Me ne sento figlio, oltre che Pastore? So ringraziare Dio, o ne colgo soprattutto i ritardi, i difetti e le mancanze? Quanto sono disposto a soffrire per essa?”.
Il Papa risponde a questa domanda mettendo in risalto la natura sacramentale, eucaristica, comunionale della Chiesa. In pratica: invita i Vescovi a ‘vedere’ la Chiesa nella luce della fede, a riconoscere che la Chiesa è la grazia che ci è data.  “Fratelli, la Chiesa – nel tesoro della sua vivente Tradizione, che da ultimo riluce nella testimonianza santa di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II – è l’altra grazia di cui sentirci profondamente debitori. Del resto, se siamo entrati nel Mistero del Crocifisso, se abbiamo incontrato il Risorto, è in virtù del suo corpo, che in quanto tale non può che essere uno. E’ dono e responsabilità, l’unità: l’esserne sacramento configura la nostra missione”. Dopo aver elencato le tentazioni che derivano da una visione distorta di Chiesa – l’elenco è lungo ma interessante -, il Papa afferma che “proprio l’esperienza ecclesiale costituisce l’antidoto più efficace (alle tentazioni). Promana dall’unica Eucaristia, la cui forza di coesione genera fraternità, possibilità di accogliersi, perdonarsi e camminare insieme; Eucaristia, da cui nasce la capacità di far proprio un atteggiamento di sincera gratitudine e di conservare la pace anche nei momenti più difficili”.

1.5. La terza domanda riguarda ancora la Chiesa come anticipo e promessa del Regno, come servizio al Regno. “A questo proposito, chiediamoci: Ho lo sguardo di Dio sulle persone e sugli eventi? “Ho avuto fame…, ho avuto sete…, ero straniero…, nudo…, malato…, ero in carcere” (Mt 25,31-46): temo il giudizio di Dio? Di conseguenza, mi spendo per spargere con ampiezza di cuore il seme del buon grano nel campo del mondo?”.
Anche qui il Papa evidenzia le tentazioni che ostacolano la crescita del Regno. Poi rivolge una serie di inviti che riassumo in due indicazioni. La prima è la seguente: vivere decentrati. “Servire il Regno comporta di vivere decentrati rispetto a se stessi, protesi all’incontro che è poi la strada per ritrovare veramente ciò che siamo: annunciatori della verità di Cristo e della sua misericordia. Verità e misericordia: non disgiungiamole. Mai!”. Condividere e accompagnare è la seconda indicazione: “Siate interiormente liberi, per poter essere vicini alla gente, attenti a impararne la lingua, ad accostare ognuno con carità, affiancando le persone lungo le notti delle loro solitudini, delle loro inquietudini e dei loro fallimenti: accompagnatele, fino a riscaldare loro il cuore e provocarle così a intraprendere un cammino di senso che restituisca dignità, speranza e fecondità alla vita”.
Questa veloce sintesi vuole essere un invito a leggere, o rileggere, questo messaggio: è per i Vescovi e vi assicuro che cerco di meditarlo e vi prego di aiutarmi con i vostri suggerimenti perché possa cercare di corrispondere all’indicazioni di Papa Francesco. Ma il Papa, rivolgendosi ai Vescovi, ha in mente anche i sacerdoti e le difficoltà pastorali che tutti – vescovi, sacerdoti e laici – sperimentiamo. Proprio in riferimenti ai sacerdoti ha detto: “I nostri sacerdoti, voi lo sapete bene, sono spesso provati dalle esigenze del ministero e, a volte, anche scoraggiati dall’impressione dell’esiguità dei risultati: educhiamoli a non fermarsi a calcolare entrate e uscite, a verificare se quanto si crede di aver dato corrisponde poi al raccolto: il nostro – più che di bilanci – è il tempo di quella pazienza che è il nome dell’amore maturo, la verità del nostro umile, gratuito e fiducioso donarsi alla Chiesa”.

1.6. Concludo ricordando l’immagine della “Chiesa come un ospedale da campo”, nell’intervista del Papa al direttore di Civiltà cattolica. Partendo da questa immagine della Chiesa come ospedale da campo, il Papa proseguiva descrivendo la missione dei “ministri del Vangelo (che) devono essere persone capaci di riscaldare il cuore delle persone, di camminare nella notte con loro, di saper dialogare e anche di scendere nella loro notte, nel loro buio senza perdersi”.
Credo di poter dire con sincerità che la nostra Chiesa piacentina e italiana, a cominciare dai parroci e dai preti, è intimamente coinvolta nelle difficoltà che riguardano tutti, condivide le sofferenze con com-passione e si fa carico delle persone che si trovano nel buio della notte. Non solo nel senso di dare aiuti materiali, di cui vi è peraltro crescente bisogno, ma anche, ad esempio, nel sostenere la fatica dell’impegno educativo dei genitori e dei docenti con giovani che stentano a scorgere un filo di luce per il loro futuro: i recenti dati sulla disoccupazione giovanile in Italia – e anche nel nostro piacentino – evidenziano la situazione drammatica che stiamo vivendo.
Ma le difficoltà della vita – sia quelle dovute dai nostri limiti sia quelle che dipendono dai tempi che viviamo e dalla situazione complessa in cui ci troviamo – sono le prove per il nostro cammino di fede, di speranza e di carità. Se accolte nella fede, le difficoltà e le prove maturano sia la nostra personale relazione con il Signore sia la relazione di carità con i fratelli.

2. Alcune indicazioni pastorali e nomine
– Sottolineo la necessità di proseguire il cammino per una pastorale più missionaria, tenendo conto della scarsità di risorse come anche della possibilità e necessità di valorizzare nuove energie. Ciò comporta una nostra disponibilità ad accogliere in modo propositivo i cambiamenti che sono in atto da tempo, come la mobilità territoriale e la concentrazione dei vari servizi sociali nel territorio. In ambito ecclesiale, occorre tener conto della riduzione del numero dei sacerdoti come anche della disponibilità di diverse persone a prestare il loro servizio. In un Consiglio Presbiterale ho detto – e qui ritengo di ribadirlo – che “siamo chiamati a semplificare, a dimagrire, a puntare di più sulla qualità che sulla quantità”. Sappiamo che tutto questo costa fatica personale e comunitaria, sappiamo anche che dobbiamo essere sempre attenti alle persone, alle comunità e ai parroci. Per cui si richiede “quella pazienza che è il nome dell’amore maturo, la verità del nostro umile, gratuito e fiducioso donarsi alla Chiesa”, come Papa Francesco ha detto ai Vescovi.

– Rispetto alle Unità pastorali, occorre fare un passo in più, o, forse, attuare ciò che era già il nucleo dell’Unità pastorale. Si tratta di spostare l’attenzione dalla parrocchia e dal parroco alla comunità nel suo insieme, chiamata a diventare soggetto attivo in quel territorio. In questa direzione, indico ancora due obiettivi, già evidenziati nel Consiglio Presbiterale e nei vari incontri.

Il primo: aiutare la comunità a farsi carico della vita ecclesiale con alcuni laici di riferimento e con un referente (o più referenti) che aiutino a mantenere viva la vita cristiana della comunità, la sua identità, in collegamento con l’unità pastorale e con il parroco. Il secondo obiettivo: favorire la convergenza verso il centro (o i centri) dell’Unità pastorale. Anche questo è importante: il centro dell’Unità pastorale diventa il fulcro delle attività pastorali del territorio. Già avviene in parecchi casi della nostra diocesi, come avviene già da tempo a livello di servizi sociali. I centri minori che gravitano attorno a un centro maggiore hanno l’opportunità di sentirsi parte di una realtà più grande e di avere anche un respiro più ampio.

– Nella Visita pastorale, insieme ai moderatori e ai parroci, si cerca di non trascurare nessuna comunità, anche se piccola, ma nello stesso tempo si invita a convergere attorno al centro dell’Unità pastorale sia per la celebrazione eucaristica sia per l’incontro con gli operatori e i referenti. Mi pare che questa modalità della Visita, che la rende lunga, sia un’indicazione utile per impostare la nostra pastorale tenendo conto della nostra situazione attuale.

– Per le nomine, desidero innanzi tutto ringraziare per la disponibilità a servire il popolo del Signore e a farci carico del peso comune.
– Il vicario episcopale per la pastorale, don Giuseppe Busani, ha ritenuto di presentare le dimissioni dopo nove anni. Qualche settimana fa gli ho ancora rivolto l’invito a continuare il servizio, ma mi ha presentato una serie di ragioni che motivano il passaggio del testimone. Desidero ringraziarlo di cuore, interpretando anche il pensiero di tutti voi, per il servizio svolto con quella competenza e capacità che ben conosciamo. Lo ringrazio anche per la disponibilità a continuare la sua collaborazione. Nel passaggio del testimone, è opportuno ripensare anche questa figura del vicario per la pastorale. Il vicario generale, insieme ad alcuni responsabili degli uffici, ha già riflettuto su questo argomento. Partendo da questa riflessione, vorrei che si procedesse tenendo conto anche di ciò che altre diocesi hanno attuato con un responsabile per l’evangelizzazione (anche la stessa Cei sembra alludere a questo nel recente documento sulla catechesi). Ciò non significa solo un cambiamento di nome, ma anche l’indicazione di una prospettiva diversa, soprattutto nella finalità (si evidenzia la missione evangelizzatrice) ed anche nel coordinamento ed integrazione dei settori pastorali. Vedremo come dare attuazione a questa indicazione.

– Vengo poi a due nomine riguardanti le parrocchie di Carpaneto Piacentino e di san Giuseppe Operaio. Don Pietro Dacrema ha presentato le dimissioni, in particolare per la bella età raggiunta (82 anni). Lo ringraziamo per il servizio generoso che ha prestato e che continuerà a prestare in particolare a San Damiano. Dopo i nove passati come parroco di san Francesco, san Pietro e di santa Maria di Gariverto, don Giuseppe Frazzani ha accolto l’invito di diventare parroco di Carpaneto e Moderatore di tutta l’Unità pastorale.
Così pure ha presentato le dimissioni don Giancarlo Conte che fra qualche giorno compirà 84 anni ed è parroco di san Giuseppe dal 1971, ossia dall’inizio. Anche a lui vogliamo rivolgere un sentito grazie per il servizio lungo e appassionato alla ‘sua’ parrocchia, oltre al suo impegno come giornalista e scrittore. Ho ritenuto di affidare la parrocchia a don Stefano Segalini, attualmente collaboratore in questa parrocchia.

Con l’aiuto del Signore, speriamo di trovare a breve soluzioni per altre parrocchie i cui parroci hanno presentato le dimissioni.
Vi invito a partecipare alla celebrazione per l’ordinazione presbiterale dei nostri quattro diaconi sabato prossimo alle 16 in Cattedrale. Ringraziamo il Signore e accompagniamo il cammino di questi preti con la nostra preghiera.
Grazie ancora per la vostra presenza e per il vostro ministero, come pure per l’amicizia e l’accoglienza che mi dimostrate durante la Visita Pastorale e nelle varie celebrazioni.