Santa Franca

Lc 6,27-38

Grazie anche da parte mia a Sauro Bandi per la sua testimonianza efficace su Annalena Tonelli. Vi consiglio di leggere le sue lettere. Sono straordinarie perché non sono delle disquisizioni teoriche, ma parte della verità della sua vita. Sono pagine di vangelo.

Quello che Gesù ci ha ricordato è la regola d’oro e credo sia importante cogliere come Annalena l’abbia tradotta in esistenza: “E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro” (Lc 6,31). Potrebbe già essere molto non fare agli altri quello che vorresti non facessero a te, ma Gesù qui evidenzia la necessità di fare quello che desidereresti che gli altri facessero a te. Questa prospettiva fa differenza. Fa differenza mettere in atto delle azioni e non semplicemente evitarne alcune. Significa mettere in atto un processo di amore, di cui siamo attori, ma anche recettori, beneficiari. Perché l’amore è capace di generare. Generare reciprocità.

Mi piace sempre l’immagine dell’abbraccio. Nel momento in cui si abbraccia qualcuno, quell’abbraccio è unico perché si è anche abbracciati. E questo è uno straordinario gesto di amore.

Quando ho letto le lettere di Annalena mi aveva colpito questa espressione forte, richiamata al termine della testimonianza anche da Sauro, dove lei si identifica con il ‘concime’. Stasera pensando un po’ a questo incontro mi veniva in mente che proprio ieri Gesù, nel vangelo, ci ha parlato di una pianta di fichi che si può zappare e concimare. Concimare non è semplicemente mettere qualcosa: Annalena, identificandosi con il concime, dice che è necessario mettere sè stessi, consegnarsi per sparire e far crescere. In realtà, proprio nelle lettere dal Kenya, questa immagine la prende da un articolo del cardinale Leger: un cardinale che parte da Montreal e va in Camerun. Egli scrive: “il problema del Terzo mondo troverà una soluzione il giorno in cui dei giovani uomini e donne accetteranno di venire là per perdervi la loro vita e non per cambiare le cose”. “Quando arrivai in Africa – è sempre il cardinale che scrive – un vecchio missionario mi disse con tutta semplicità: «Monsignore, noi siamo concime». Accettare di essere semplicemente una presenza di pazienza, di bontà. Le opere di Dio sono piene di pazienza” (12 agosto 1969). Questa immagine è un bellissimo commento al vangelo di ieri: la pazienza di Dio che aspetta un’altra possibilità.

Ora mi rivolgo a voi giovani che questa estate partirete, per trascorrere un periodo in Brasile. Vorrei consegnare a voi e a noi tutti quello che lei scrive: “La nostra pace sta nell’accettare di non potere nulla, se non nella misura in cui noi accettiamo di spendere la nostra vita e di spenderla totalmente. Accettando di non fare niente di grande, di straordinario. Capire che l’unica cosa che vale è questo nostro senso della presenza. Questa nostra presenza di bontà. Terra di missione siamo noi prima di tutto. E quindi dobbiamo convertire noi stessi. Basterà appena questa nostra vita per la nostra conversione” (registrazione per gli amici del comitato, 12 agosto 1969).

Ecco, io credo sia proprio questo l’invito che ci consegna Annalena: l’invito a prendere sul serio la nostra vita. Perché solo così prenderemo sul serio anche la vita degli altri. Nella vita non si può vivere in un ipotetico domani, anteponendo continue condizioni: “quando…”, “se quando”, “…domani però, domani comincerò. Cominciamo da oggi”. (6 ottobre 1969).

“Signore, io voglio essere per il mondo un fermento di gioia. Signore, io voglio essere per gli altri e prima di tutto per quelli che mi sono vicini” – sono sue queste parole – “una porta aperta sulla speranza” (24 novembre 1969).

E’ bella questa immagine ed è efficace: di essere porta della speranza. Perché la porta è una porta che si apre su ciò che entra ed è qualcosa che si apre per ciò che esce. Ecco, che il Signore ci doni questa grazia sull’esempio di Annalena: di essere porta, porta sulla speranza.