Domenica 22 gennaio in Sant’Antonino alle ore 15,30 si celebra la giornata mondiale dal titolo “Migrazioni e nuova evangelizzazione”.
La Migrantes Diocesana ha scelto di posticipare di una settimana la celebrazione per includere anche la preghiera ecumenica e la commemorazione dei fratelli nigeriani uccisi nei recenti attentati.  Qui sotto la lettera del direttore dell’ufficio, padre Gaetano Parolin.

In Nigeria si moltiplicano gli agguati e le stragi dei cristiani, ad opera del gruppo estremista islamico Boko Haram che, nel nord del paese, sta seminando terrore e morte. I fatti più gravi sono avvenuti proprio il giorno di Natale ed il giorno dell’Epifania, durante una veglia funebre.  La situazione è tragica e rischia di degenerare in una vera e propria guerra etnico-religiosa. Lo sgomento e l’angoscia hanno colto tutti i fedeli nigeriani, in particolare i fratelli e le sorelle che abitano con noi. A loro vogliamo esprimere tutta la vicinanza e la nostra solidarietà. Sarà soprattutto un’occasione per ricordare tutte le vittime di questa ferocia inaudita, pregare per loro e perché il Padre della Vita tocchi il cuore dei persecutori.
La liturgia eucaristica sarà anche una celebrazione ecumenica, nel mezzo della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, “perché tutti saremo trasformati dalla vittoria di Gesù Cristo, nostro Signore”, come recita il tema di quest’anno. Oltre ai gruppi etnici cattolici del Perù, del brasile, dell’Equador, della Polonia, del Congo, del Camerum, del Senegal, della Nigeria, etc.., saranno infatti presenti altre comunità cristiane, il coro coreano della chiesa metodista, la comunità greco cattolica, la comunità romena, la comunità macedone, la comunità albanese, la comunità ucraina. Portando le loro icone, le loro bandiere, i loro canti, i loro stendardi, esprimeranno la grande ricchezza culturale della fede cristiana, che insieme vogliamo celebrare.
Il terzo motivo della celebrazione è la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Il tema potrebbe suonare strano, di fronte a tante problematiche migratorie che sembrano dominare l’attualità. Esso però esprime un segnale importante. Le migrazioni non sono solo una emergenza, sono un segno dei tempi, come una trasformazione epocale che investe ogni aspetto della vita umana, della cultura e della società, cambiandole profondamente. Ci troviamo, infatti, ad essere sempre più chiesa nel segno delle migrazioni.
Non si tratta nemmeno di un tema pellegrino nella vita ecclesiale, ma profondamente legato al prossimo Sinodo dei Vescovi, che avrà come titolo “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”. E si definisce come “la capacità da parte del cristianesimo di saper leggere  e decifrare i nuovi scenari che in questi ultimi decenni sono venuti creandosi dentro la storia degli uomini, per abitarli e trasformarli in luoghi di testimonianza e di annuncio del Vangelo”. Il testo citato indica sei scenari. Il secondo è il fenomeno migratorio, connesso con la globalizzazione cui consegue un “mescolamento delle culture” di inedita intensità. Si pone, quindi, la necessità che i cambiamenti e le evoluzioni in corso vengano illuminati, oltre che da una maggiore comprensione delle loro cause e conseguenze socio-politiche, anche dalla fede e da una visione di speranza. Se questo non avviene, emergono forme di paura e di chiusura da cui non sono esenti nemmeno i cristiani.
Il Messaggio di Benedetto XVI per la giornata mondiale delle migrazioni va letto nella prospettiva di lasciar penetrare la luce del Vangelo nei complessi scenari del nostro oggi. “Avvertiamo – Egli scrive – l’urgenza di promuovere, con nuova forza e rinnovate modalità, l’opera di evangelizzazione in un mondo in cui l’abbattimento delle frontiere e i nuovi processi di globalizzazione rendono ancora più vicine le persone e i popoli. Davvero la missione della Chiesa non si muove geograficamente più solo da nord a sud o da ovest a est, ma è contemporaneamente una testimonianza che si diffonde da tutti i continenti verso tutti i continenti, in un movimento quasi analogo a quello  delle migrazioni, che in effetti fin dagli inizi del cristianesimo sono state anche strumenti di diffusione del Vangelo. La vicinanza tra persone e popoli diversi è una sfida e una chance, come una lente di ingrandimento che evidenzia tutto: nuove possibilità e forme di trasmissione della fede, così come ostacoli che la frenano o la impediscono.
Sono molteplici le forme in cui i migranti si pongono in relazione alla fede. La Chiesa, da una parte, “è posta di fronte alla sfida di aiutare i migranti a mantenere salda la fede, anche quando manca l’appoggio culturale che esisteva nel paese di origine, individuando anche nuove strategie pastorali”. D’altra parte, di fronte a i non cristiani, “è necessario trovare adeguate modalità perché possano incontrare e conoscere Gesù Cristo e sperimentale il dono inestimabile della salvezza, che per tutti è sorgente di “vita in abbondanza” (Gv 10,10). Ma non si può dimenticare che gli stessi migranti possono “a loro volta diventare “annunciatori della parola di Dio e testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo (Esortazione Apostolica Verbum Domini, 105)”.

Gaetano Parolin, cs.
Direttore Migrantes