Messaggio di auguri pubblicato sul settimanale diocesano Il Nuovo Giornale

C’è un sentimento diffuso che pervade l’aria e i discorsi che intrecciamo nei momenti che ancora ci rimangono di incontro: ci stanno rubando il natale. L’euforia degli acquisti, il folclore dei mercatini, i pranzi e le cene in libertà e abbondanza, i viaggi o le vacanze sulla neve… È evaporata quella che abbiamo chiamato la “magia” del natale. Ci hanno impedito perfino la messa di mezzanotte!

Per molte persone questi giorni marcano le assenze, i vuoti: il ricordo delle persone che non ci sono più e che sono state sottratte alla nostra presenza, prima ancora che intervenisse la morte, prolunga un dolore che non è stato ancora superato. Come si può festeggiare con un cuore ferito? La mestizia e la tristezza non permettono di gioire.
Ci sono poi coloro che in questi giorni stanno vedendo compromesse le loro attività produttive, svanire investimenti umani, professionali ed economici. Natale era sinonimo anche di quadratura di bilanci. Di ripartenza.
Certo. I motivi sono seri. Li conosciamo bene, oltre ogni negazionismo. Ma è come se l’albero di natale avesse perso tutti gli aghi sui rami. Che albero è? Che Natale è?

Ci è rimasto solo un Bambino. Ben poca cosa. E forse quello che da tempo interessava meno di tutto. Ma non era proprio questo il Natale (questo sì con la maiuscola)? Non era proprio lui il motivo della gioia, della speranza, della luce? Ci è rimasta la venuta di questo Dio-con-noi. Perché è ostinata, accade incurante di qualsiasi limitazione, più forte di ogni ostacolo, fedele anche nella nostra distrazione e nel nostro disinteresse.

Il nome del Natale è Amore tenace. È la vicinanza di Dio che non rinuncia di raggiungere l’umanità dove si trova. La raggiunge in un luogo marginale della storia e della geografia, come sono la Palestina e Betlemme. Nasce là dove anche i pastori – la categoria disprezzata dal mondo religioso del tempo – possono arrivare. “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama” (Lc 2,14). L’annuncio di pace per gli uomini è associato al fatto che Dio li ama. È qui il segreto della gioia, della vita, della speranza: Dio mi ama. Dio ci ama. Vorrei idealmente poter portare a tutti l’annuncio che risuonerà la notte e il giorno di Natale. Perché è veramente per tutti e per ciascuno.
Il mio pensiero va a chi è tribolato, a chi cerca un abbraccio, calore e vicinanza. A chi è in difetto di speranza: Pace nell’amore del Signore.

Il mio pensiero corre a coloro che in questi giorni saranno impegnati con il loro lavoro e nel volontariato a curvarsi su fratelli e sorelle che invocano, con la cura, due occhi sorridenti da incontrare: la vostra Pace sia nell’Amore del Signore, il buon samaritano.

Il mio pensiero mi porta a coloro che in questo tempo sono immersi nel buio, nell’oscurità, nell’angoscia: c’è Pace nel Signore.
Il mio pensiero raggiunge i sacerdoti e le persone consacrate ai quali è affidato in modo particolare l’annuncio che ogni uomo e donna sono già amati dal Signore: la Pace abiti in voi.

Allora vorrei sussurrare che in questo anno così strano non è vero che ci è stato rubato anche il Natale. L’anno che stiamo concludendo è così strano, è così fuori dell’ordinario che ci offre l’opportunità di riscoprire il Natale di Gesù. Per questo motivo acquista un significato particolare l’augurio che voglio farvi giungere: Buon Natale. Quello vero.

† Adriano Cevolotto,

vescovo